Torniamo ancora una volta a parlare di San Martino e questa volta lo facciamo attraverso le parole e i ricordi di Rosetta Trefoloni che ringraziamo per aver condiviso con noi questi due contributi.
“Ho abitato agli Allori dagli anni Quarantacinque al Cinquantasette e la “mia” chiesa era quella in Avane, situata tra Bomba e il villaggio, a ridosso di due case coloniche. Durante la messa certe volte sentivamo il muggito delle mucche nella stalla. Ma era normale! Intorno al Cinquantotto – Cinquantanove cominciarono a costruire la chiesa dedicata a San Martino e questa era proprio accanto alla mia casa di Bomba. L’orto faceva da confine. Era moderna, ariosa, colorata.
Prima di allora, però, la chiesa parrocchiale, la chiesa madre, la chiesa importante, quella che riuniva tutte le comunità, specie nelle feste canoniche, si trovava a San Martino. Sulla collina. Passato Pianfranzese. Era una chiesa grande, solenne. Si ergeva alta, su due rampe di scale. Non ricordo i dipinti, l’architettura, lo stile, so solo che lì dentro mi sentivo piccola, sperduta e timorosa. Specie quella volta che, un venerdì santo, durante la liturgia di quel giorno particolarmente triste, alla lettura del Vangelo e nel preciso momento della flagellazione, sentii delle tremende frustate sulle panche della navata. Ricordo il disagio che provai e la paura.
Era un rumore strano e assordante. Avevo visto molti fedeli, in effetti, dotati di un bastone originale, sbucciato a mo’ di spirale ma non sapevo che sarebbe servito a quello. Era una tradizione che si rinnovava ogni anno per ricordare la flagellazione di Cristo. Mi hanno poi spiegato che era un ramo di un arbusto … sanguinella o sambuco che si presta facilmente ad essere sbucciato ed è collegato ai morti, alla rinascita e al rinnovamento. Mio zio Mario aveva conservato giù in cantina quella frusta. Me la regalò quando seppe che ci tenevo. Io coltivo la memoria, una cosa sacra come quella funzione religiosa”
Il ricordo di San Martino torna anche in un altro breve racconto che Rosetta ci ha lasciato.
“C’era all’epoca un vescovo che veniva a trovare la popolazione. Allora officiava la messa e poi si sedeva sul muretto antistante la chiesa così che tutti, passando per uscire, potessero baciargli l’anello. A me incuriosiva quell’atto di riverenza e una volta, vincendo la timidezza, ho voluto farlo anch’io. Ricordo quel vecchio, con un fare bonario e sorridente, come un Babbo Natale, che si rivolse a me dicendo: “scommetto che ti piacciono i fagioli!?” Io ero piccola e grassottella, arrossii improvvisamente chiedendomi come facesse a saperlo. Era vero! E anche a lui, forse, piacevano perché lo ricordo, oltre che placido e ironico, anche bello paffuto e con le guance rosse”.
(R. Trefoloni)
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Il progetto è realizzato grazie al contributo di Fondazione CR Firenze nell’ambito di “LABORATORI CULTURALI”, il Bando tematico che la Fondazione dedica ai musei toscani per contribuire alla realizzazione di progetti volti all’innovazione digitale e allo sviluppo di nuovi pubblici.