21 Ago 2022
category: miniere ed energia , narrazione .

La coltivazione della lignite nella miniera degli Allori

La presenza di lignite xiloide affiorante nella miniera degli Allori, situata nel Comune di Cavriglia in provincia di Arezzo, è stata segnalata per la prima volta nel Saggio statico di mineralogia utile della Toscana, per servire ai possidenti, ai medici, agli artisti e manifattori, ed ai commercianti scritto nel 1843 da Giuseppe Giulj, professore di Storia Naturale dell’Università di Siena e membro della Società Geologica di Francia. Secondo Giulj il deposito di quello che lui chiama legno fossile alterato dal bitume si estendeva per circa tre miglia di lunghezza e una di larghezza. I primi dati che illustrano più attentamente la composizione di questa parte del bacino lignitifero valdarnese provengono dalle indagini del Corpo Reale delle Miniere, risalenti al 1904: sappiamo così che la cava era situata più a Nord rispetto a tutte le altre miniere di Castelnuovo e confinava strettamente con la miniera denominata Cave Vecchie. Il banco si presentava con una direzione Nord-Sud con potente pendenza verso est di circa 45°, dove in generale l’inclinazione del banco concordava con il declivio naturale dei poggi che salivano verso la borgata di San Martino.

I primi lavori di coltivazione iniziarono alla fine dell’800, ed in massima parte si trattava di tagli a cielo aperto e, a causa dello slittamento delle marne che costituivano il deposito, le operazioni erano mantenute a distanza, molto maggiori di quelle previste dalla legge, dalle case coloniche più vicine e dalla soprastante strada comunale di San Martino. Le precauzioni però non bastarono, ed infatti due case coloniche e la prima strada che portava al borgo di San Martino, subirono consistenti cedimenti, tanto che negli anni successivi la strada che portava al paese fu ricostruita più a monte.

Dal 1897 la proprietà della Miniera era della Ditta di Ottavio Gragnoli e Pasquale Bazzanti, già posseditrice dalla fine dell’800 della Miniera delle Cave Vecchie, attigua ad Allori, e come abbiamo raccontato in un nostro precedente articolo su San Pancrazio, proprietaria anche della miniera situata in questa zona. Durante il primo periodo di escavazione la metodologia di coltivazione fu quasi esclusivamente a cielo aperto e per incrementare il combustibile, la Ditta acquisì via via dei terreni; nel 1898 quelli della Signora Adele Sestini e poi nel 1901, visto il proseguire del deposito di lignite al di sotto degli appezzamenti terrieri del Regio Spedale degli Innocenti di Firenze, chiese la possibilità di allargare l’escavazione nelle proprietà di quest’ultimo ente, concessione che venne accolta.
L’espansione della Miniera creò però qualche problema e il 13 luglio 1900 l’ingegnere del Regio Corpo delle Miniere, Gerlando Lentini, riscontrò delle irregolarità che misero a rischio la coltivazione stessa e di conseguenza anche la vita dei minatori. Infatti secondo i suoi rilievi si era scavato troppo vicino al borro di San Martino e si rischiava l’allagamento improvviso delle miniere. La Ditta Gragnoli-Barzanti venne così sanzionata e dovette spostare il fronte di scavo al più presto. La proprietà della Cava Allori verrà mantenuta dalla Ditta Gragnoli-Barzanti fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando la Società Mineraria ed Elettrica Valdarnese acquisì anche quest’area.

La miniera sarà una delle prime a sperimentare l’escavazione meccanica, molto prima dell’arrivo dei macchinari tedeschi nel secondo dopoguerra, infatti nel 1915 entrò in funzione un escavatore a benna mordente, azionato da un motore a vapore, per la rimozione di terra che veniva trasportata su vagoni ribaltabili trainati da una locomotiva anch’essa a vapore; accanto a questa macchina lavorava anche una sterratrice a cucchiaio di fabbricazione americana la Marion, chiamata dagli operai Marionne, proveniente dagli scavi del canale di Panama. La lignite era però estratta ancora a mano, una volta portata in luce dal giacimento veniva messa nei capannoni per l’essiccazione mentre grazie ad una teleferica sorretta da piloni, portava il combustibile fossile verso i silos della centrale.
A questa embrionale escavazione a cielo aperto venne affiancata anche quella in galleria, usata anche nelle altre miniere attigue.

L’ escavazione nelle Cave Allori procedette senza grosse differenze con ciò che impegnava l’area mineraria, nel ventennio che arrivò alla Seconda Guerra Mondiale. Al passaggio del fronte nemmeno le gallerie degli Allori rimasero indenni. Il 5 luglio 1944, la data non è certa a causa del momento drammatico che stavano vivendo i paesi cavrigliesi dopo gli eccidi del 4, dell’esplosivo venne messo dai tedeschi in un carrellino e lasciato scendere nelle gallerie di questa miniera. L’esplosione provocò ingenti danni alle infrastrutture, la morte di  Pietro Fabbrini e il ferimento di un’altra persona. Dopo questi momenti drammatici, il giacimento degli Allori sarà sfruttato nel periodo 1974-1992, con l’escavazione a cielo aperto condotta dagli imponenti escavatori tedeschi.

Queste recenti operazioni hanno portato in luce depositi stratificati di minerali molto particolari, si tratta infatti di anapaite e vivianite, trovate in abbondanza, ma sempre separatamente in strati diversi. L’anapaite dell’area degli Allori si presenta come masse radianti di forma e dimensione variabili, l’interno contiene numerose cavità riempite da aggregati di cristalli tabulari triclini. I cristalli sono verdi o giallo-verdi, traslucidi, vitrei e di dimensioni di un millimetro o due, mentre la vivianite, oltre alle tipiche concrezioni terrose di colore blu scuro e ai noduli radianti di alcuni centimetri di diametro o in sostituzione di sostanza organica vegetale, è stata trovata nel 1990 come strati sottili intercalati con argille. Queste stesse argille bluastre hanno anche prodotto alcuni esemplari spettacolari incorporati in esse, costituiti da lastre da blu-verdastro a verde-bluastro ricoperte da cristalli lunghi più di 10 cm e aggregati cristallini radianti fino a 20 cm di lunghezza.

Ad oggi con la fine dell’escavazione alla metà degli anni ‘90 in località Allori si è creato un lago, di circa 3 milioni di metri cubi d’acqua con due cadute di circa 40 metri nel suo percorso verso la centrale di Santa Barbara e la diga di San Cipriano.

(G. Peri)


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